Artigiani e sovraindebitamento: come risolvere il problema

Anche gli artigiani possono affrontare i problemi di sovraindebitamento grazie alla Legge 3/2012.

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Quando parliamo di imprese, artigiane e non, dobbiamo tenere conto della netta distinzione a livello di forma giuridica fra società di persone (Snc, Sas, Società semplici) o di capitali (Srl, Spa, ecc.).

Una prima distinzione fra società di persone e di capitali

Una differenza sostanziale fra le due è che:

  • nelle società di persone se il patrimonio non è sufficiente a soddisfare gli eventuali debiti, i soci rispondono personalmente anche delle obbligazioni sociali con tutti i propri beni (come la casa, l’auto, il conto corrente, ecc.);
  • nelle società di capitali invece risponde esclusivamente il patrimonio della società stessa. I creditori quindi non potranno aggredire i beni personali dei soci.

Accade spesso che gli imprenditori artigiani costituiscano la loro azienda sotto forma di società di persone e che in seguito, di fronte a situazioni di gravi difficoltà dell’impresa, si trovino esposti con il loro patrimonio personale, con conseguenze estremamente negative.

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Quali sono le imprese non fallibili

I soggetti esclusi dalla disciplina del fallimento sono:


  • i lavoratori autonomi o i liberi professionisti, incluse le associazioni professionali e le società semplici;
  • gli imprenditori agricoli;
  • gli enti non commerciali, ad esempio le associazioni di volontariato, le onlus, le associazioni sportive o non governative;
  • i consumatori, ovvero le persone fisiche che hanno accumulato debiti cui non riescono a far fronte;
  • gli eredi di un imprenditore defunto;
  • le start-up innovative;
  • gli enti pubblici.

Infine, sono non fallibili anche le imprese commerciali “sotto soglia” (art. 1 l.f.), quindi di piccole dimensioni, e nel caso di società di persone i relativi soci (fallimento per estensione).

Come accennato, le procedure a disposizione anche degli imprenditori artigiani, o dei piccoli imprenditori, sono l’Accordo di composizione della crisi, la Liquidazione del patrimonio con esdebitazione. Queste due soluzioni si applicano in situazioni distinte e con risultati molto diversi.

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L’Accordo di Composizione della Crisi

Si tratta nella pratica di un “mini concordato” grazie al quale l’imprenditore in crisi può proporre ai suoi creditori un diverso rientro del debito, anche parziale. 

L’Accordo però deve essere votato positivamente da almeno il 60% dei creditori.
La sostenibilità della proposta fatta ai creditori è quindi fondamentale e deve essere avallata dalla relazione dell’Organismo di Composizione della Crisi.
La valutazione del piano si baserà sulla redditività potenziale dell’azienda negli anni futuri, o sull’esistenza di beni da alienare il cui valore permetta di sostenere il piano.

La procedura può prevedere diverse variabili, ma lo scopo è quello di permettere all’azienda di sopravvivere, garantendo ai creditori quanto più possibile.
La complessità della procedura rende indispensabile il ricorso ad un professionista con una specifica preparazione, che sia in grado di valutare convenienza e parametri necessari per tale accordo.

La Liquidazione dei beni e l’esdebitazione

La procedura di Liquidazione, prevede la messa a disposizione dei beni aziendali e personali del creditore al Tribunale, che provvederà ad alienarli per poter soddisfare i creditori. La liquidazione è quindi una procedura generalmente risolutoria e spesso assimilata al fallimento.

La procedura che conduce alla liquidazione si articola in questo modo:

  1. il debitore presenta istanza di nomina dell’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) o del Professionista;
  2. il debitore deposita il ricorso per l’ammissione alla procedura;
  3. il giudice verifica i requisiti di accesso, la completezza della documentazione e l’assenza di atti in frode ai creditori;
  4. apertura della liquidazione.

La liquidazione vera e propria invece si declina nelle seguenti fasi:

  1. decreto di apertura liquidazione;
  2. programma di liquidazione (inventario, ricezione domande di partecipazione, progetti di riparto, liquidazione di crediti e beni, riparto finale);
  3. decorsi 4 anni la procedura può avere termine;approvazione conto di gestione e istanza per la chiusura della liquidazione;
  4. esdebitazione per il debitore persona fisica.

L’esdebitazione conseguente alla liquidazione

L’esdebitazione, ovvero la piena cancellazione dei debiti non saldati, è un meccanismo che era già presente nel codice civile, ma che grazie alla Legge 3/2012 permette la ripartenza dell’imprenditore artigiano che si era sovraindebitato e che in questo modo può mettere un limite temporale ai propri problemi e poi rientrare nel circuito economico.

Questa procedura si può sempre attivare anche senza il consenso dei creditori e non prevede particolari criteri di meritevolezza per essere attivata.
Però la legge ha previsto che l’esdebitazione del debitore si può arrivare solo dopo tre anni dall’apertura della pratica.

L’istanza di esdebitazione va presentata dal debitore entro 1 anno dalla chiusura della procedura di liquidazione.

Ottenere l’esdebitazione, anche per un imprenditore artigiano, vuol dire essere libero da ogni altro debito residuo ed essere riabilitato attraverso la cancellazione del proprio nominativo da tutti i registri di cattivo pagatore.

Nel 2020 la Legge 3/2012 verrà sostituita dal Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza D.leg. 14/2019, che ha molte caratteristiche simili, ma che tutela ancora di più i debitori in difficoltà. 

Nei prossimi mesi sarà quindi importante per tutte le persone in difficoltà, capire quale legge è più vantaggiosa per la propria specifica situazione.

Per uscire dai debiti è importante avere l’aiuto di un esperto di procedure di sovraindebitamento.
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DATA PUBBLICAZIONE:
24 Giugno 2019